Sulla validità dei termini di resa Incoterms
Sulla validità dei termini di resa Incoterms

In un mio articolo dal titolo “Vendita con spedizione e le Clausole del trasporto” [1] e prendendo spunto da una recente sentenza della Cassazione, avevo evidenziato come le clausole d’uso del trasporto quali “franco consegna arrivo”, “franco destinazione arrivo”, “franco destino” o “porto franco” non sono atte a dimostrare una deroga alla presunzione stabilita dall’Art. 1510 c.c., comma 2 secondo il quale per la vendita di cose da trasportare si deve presumere una “vendita con spedizione” – nella quale cioè il venditore si libera dall’obbligo di consegna rimettendo la cosa al vettore, richiamando per l’appunto l’attenzione sul fatto che tali clausole d’uso , senza il concorso di altri elementi , non possono essere interpretate come espressione di una volontà delle parti intesa a spostare il luogo della consegna rispetto a quello che è normalmente stabilito per l’ipotesi di vendita con spedizione, non costituendo esse, pertanto, un elemento di per sé solo sufficiente perché debba essere superata la richiamata presunzione.

Cosa diversa, invece, per i termini di resa Incoterms i quali, come è noto, sono una codificazione, universalmente nota e riconosciuta, della Camera di Commercio Internazionale di Parigi la quale ha lo scopo di stabilire il significato preciso di undici termini commerciali di consegna usati nelle vendite internazionali.

Essi, infatti, forniscono regole internazionali uniformi per l’interpretazione dei termini commerciali di consegna delle merci da inserire nei contratti di compravendita (e non nei contratti di trasporto!) per disciplinare la resa delle merci nei contratti che implicano il passaggio della frontiera.

In tal senso nell’ordinanza dello 02/05/2023, n. 11346 resa in una controversia avente ad oggetto il pagamento dei beni alienati e la soluzione della giurisdizione con riferimento al criterio del luogo della consegna ex art. 7 del reg. ue n. 1215 del 2012, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato che: “Ove le parti di un contratto di compravendita internazionale di merci, entrambe aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, abbiano inserito nei rispettivi documenti di esecuzione del contratto (ordini e fatture) la clausola Incoterms denominata "Ex Works" (con specificazione Italy), il luogo di consegna della merce deve intendersi quello richiamato dalla clausola Incoterms in questione, ossia l'Italia presso lo stabilimento del venditore. Il concorde inserimento della clausola <Ex Works> esclude che vi sia la necessità di fornire la prova di ulteriori elementi circa l'effettiva volontà delle parti di stabilire che il luogo di consegna della merce sia l'Italia presso lo stabilimento del venditore.”

In termini pratici questo significa che l’utilizzo degli Incoterms , diversamente dalle clausole d’uso di cui in premessa che non sono codificate e recepite come regole uniformi, può concretizzare una chiara espressione della volontà delle parti con efficacia vincolante per esse a condizione, però, che sia posta estrema attenzione all’uso dei termini di resa e come essi vadano usati a proposito valutandone il loro esatto significato e, se del caso, includendo nel contratto clausole specifiche a supporto della precisa volontà delle parti.

Al riguardo, infatti, le Sezioni Unite ( Sentenza, 28/06/2019, n. 17566) hanno precisato, in tema sempre di vendita internazionale a distanza di beni mobili, che il giudice chiamato a decidere sulla propria giurisdizione, rispetto a tutte le controversie nascenti dal contratto, ivi comprese quelle relative al pagamento dei beni alienati, deve applicare il criterio del luogo di esecuzione della prestazione di consegna, di cui all'art. 5, n. 1, lett. b) del Regolamento CE 22 dicembre 2000, n. 44, laddove una diversa convenzione stipulata dalle parti sul luogo di consegna dei beni, per assumere prevalenza, deve essere chiara ed esplicita, sì da risultare nitidamente dal contratto, con possibilità di far ricorso, ai fini dell'identificazione del luogo, ai termini e alle clausole generalmente riconosciute nel commercio internazionale, quali gli Incoterms (International Commercial Terms), purché da essi risulti con chiarezza la determinazione contrattuale. Nella specie, la S.C., nel richiamare a supporto dell'affermato principio la giurisprudenza della Corte di giustizia UE ( tra le altre, sentenza 9 giugno 2011, in causa C-87/10), ha ritenuto che il riferimento, contenuto nel contratto, alla clausola Incoterms "FCA Free Carrier ... named place", non palesasse la chiara ed univoca volontà delle parti di stabilire il luogo di consegna della merce, in deroga al criterio fattuale del recapito finale, essendo la predetta clausola intesa essenzialmente a regolamentare il profilo del passaggio dei rischi e dei costi del trasporto successivo al compratore.

Quindi, attenzione!

Avvocato Rodolfo Faccini

legalstudiofaccinivr@gmail.com - - www.studiolegalefaccini.it



[1] https://www.linkedin.com/pulse/avvocato-dimpresa-rodolfo-faccini-m3k1f