LA RESPONSABILITÀ DEL VETTORE PER “DOLO” O “COLPA GRAVE”.
Onere delle prova (anche ai fini del termine di prescrizione dell’azione).
Una recente sentenza del Tribunale Pavia (Sez. III, Sent., 22/11/2022, n. 1433) consente di tornare sull’argomento riguardo l’onere della prova circa il dolo o la colpa grave del vettore in caso di perdita o avaria delle cose trasportate con una ricaduta anche sui termini di prescrizione dell’azione secondo la CMR.
Il giudice territoriale, sul solco di una giurisprudenza ormai consolidata, richiamando i principi sul tema della responsabilità (presunta) del vettore (cfr. Artt. 1693 c.c. e 17.1 della CMR) i quali prevedono espressamente una presunzione di responsabilità in capo al vettore per la perdita, totale o parziale, o l'avaria prodottasi tra il momento del ricevimento della merce e quello della riconsegna salvo che egli non provi che “la perdita o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario” per il nostro codice o “per colpa dell’avente diritto, a un ordine di questi non dipendente da colpa del vettore, a un vizio proprio della merce, od a circostanze che il vettore non poteva evitare e alle cui conseguenze egli non poteva ovviare” secondo l’Art. 17.2 della CMR, ha affermato che tali presunzioni non riguardano fattispecie di colpa del vettore diverse dalla quella "normale", che si configura dinanzi a condotte (attive, omissive o miste) che si discostano dal livello di diligenza media professionale che è lecito attendersi nell'adempimento delle prestazioni di trasporto su strada organizzate a livello professionale (anche)internazionale. Se, infatti, è indubbio che il vettore ha l'obbligo di svolgere sempre le proprie prestazioni con la diligenza adeguata alla natura professionale della prestazione assunta (arg. ex art. 1176, co. 2 c.c.), per cui, nel caso in cui non la osservi, versa in colpa, non meno indubbio è il fatto che per qualificare come "grave" una tale colpa deve ricorrere un "quid pluris" rispetto alla mancata diligenza. La colpa grave, infatti, è qualificata dalla inescusabile negligenza e deve essere tale che non possa trovare, non solo giustificazione, ma neppure spiegazione nella particolarità della vicenda.
Ma su chi incombe l’onere di provare questo “quid pluris”?
Secondo la giurisprudenza di legittimità l'onere della prova che la perdita e l'avaria delle merce era dovuta a colpa grave del vettore, ai fini del superamento dei limiti del risarcimento quantitativo e per ottenere il risarcimento pari al valore della merce, grava sul mittente, secondo l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e ciò perché il tema della prova del dolo o della colpa grave non trova posto nell'economia dell'art. 1693 c.c. che si occupa (solo) della responsabilità per la perdita od avaria delle cose trasportate, con una presunzione di responsabilità a carico del vettore che può essere vinta dal vettore solo con la prova che l'evento sia dipeso da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Quando, però, la responsabilità del vettore è accertata, anche sulla base delle sole presunzioni sopra richiamate, la prova che la perdita della merce sia dipesa da dolo o colpa grave del vettore è necessaria solo per superare i limiti del risarcimento previsti dall’Art. 1696 c.c. o Art. 23 della CMR ed accedere al risarcimento pari al valore della merce e, di conseguenza, deve essere applicato l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova che incombe su chi invoca, nell'ambito di una responsabilità già accertata, che la perdita o avaria della merce sia dipesa da dolo o colpa grave per ottenere un risarcimento in misura più elevata.
Ai fini, poi, del termine di prescrizione triennale di cui all’Art.31.1 della CMR, la Suprema Corte di Cassazione si è già espressa affermando che: "La responsabilità del trasportatore internazionale di merci su strada per perdita od avaria successiva alla presa in consegna, che sussiste ai sensi dell'art. 17 della Convenzione predetta, infatti, non postula il dolo del trasportatore stesso, ovvero una sua colpa assimilabile al dolo secondo la legge del giudice adito, in quanto la ricorrenza di tale dolo o colpa, ai sensi dell'art. 29 della Convenzione, spiega rilievo solo al fine di escludere le specifiche limitazioni di responsabilità previste per le determinate ipotesi degli artt. 18 e seguenti della Convenzione medesima. Allo stesso modo, quando il più lungo termine di prescrizione è collegato ad analoga situazione di "colpa equivalente al dolo secondo la legge del giudice adito", è logico ritenere che la situazione di culpa lata, la quale dolo aequiparatur, debba in concreto essere dimostrata, senza la possibilità di operatività di presunzione alcuna." (cfr. Cass. n. 11362/2006).
Concludendo e facendo nostre le argomentazione del giudice territoriale della sentenza in commento avente ad oggetto il furto delle merci trasportate dal vettore, in mancanza di fatti noti, anche a livello indiziario, connotati da gravità, precisione e concordanza, sullo stato dei luoghi e sulle (più probabili) modalità con cui si sarebbe perpetrato il furto parziale del carico ai danni del mittente, “non può essere apodittica l'affermazione secondo cui il (sub)vettore debba "pacificamente" versare in colpa grave, in quanto per addivenire ad una graduazione della colpa che si vuole assimilata al dolo (i.e. colpa grave) è richiesta la ricorrenza, in concreto, di particolari situazioni che connotano la condotta del vettore in termini di inescusabile negligenza, imperizia od imprudenza nella predisposizione di tutti quegli accorgimenti pratici necessari a proteggere il carico da fonti di effettivo pericolo, che ricade in capo al danneggiato dover compiutamente allegare e dimostrare”. In definitiva, prosegue il giudice, “se può essere affermato il principio secondo cui il furto della merce, durante il trasporto, è sempre suscettibile di configurare una responsabilità "ex recepto" del vettore professionale - salvo i rischi particolari (artt. 17, 4 e 18 CMR) o il "caso fortuito" (arg. ex art. 1693 c.c.) - è altrettanto certo che non ogni furto si accompagna ad un "dolo" del vettore o ad una "colpa equivalente al dolo secondo la legge del giudice adito" (i.e colpa grave), ai sensi degli artt. 29 e 32 della CMR del 1956”.
" Per qualsiasi dubbio o domanda in merito non esitare a contattarmi: legalstudiofaccinivr@gmail.com "
Onere delle prova (anche ai fini del termine di prescrizione dell’azione).
Una recente sentenza del Tribunale Pavia (Sez. III, Sent., 22/11/2022, n. 1433) consente di tornare sull’argomento riguardo l’onere della prova circa il dolo o la colpa grave del vettore in caso di perdita o avaria delle cose trasportate con una ricaduta anche sui termini di prescrizione dell’azione secondo la CMR.
Il giudice territoriale, sul solco di una giurisprudenza ormai consolidata, richiamando i principi sul tema della responsabilità (presunta) del vettore (cfr. Artt. 1693 c.c. e 17.1 della CMR) i quali prevedono espressamente una presunzione di responsabilità in capo al vettore per la perdita, totale o parziale, o l'avaria prodottasi tra il momento del ricevimento della merce e quello della riconsegna salvo che egli non provi che “la perdita o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario” per il nostro codice o “per colpa dell’avente diritto, a un ordine di questi non dipendente da colpa del vettore, a un vizio proprio della merce, od a circostanze che il vettore non poteva evitare e alle cui conseguenze egli non poteva ovviare” secondo l’Art. 17.2 della CMR, ha affermato che tali presunzioni non riguardano fattispecie di colpa del vettore diverse dalla quella "normale", che si configura dinanzi a condotte (attive, omissive o miste) che si discostano dal livello di diligenza media professionale che è lecito attendersi nell'adempimento delle prestazioni di trasporto su strada organizzate a livello professionale (anche)internazionale. Se, infatti, è indubbio che il vettore ha l'obbligo di svolgere sempre le proprie prestazioni con la diligenza adeguata alla natura professionale della prestazione assunta (arg. ex art. 1176, co. 2 c.c.), per cui, nel caso in cui non la osservi, versa in colpa, non meno indubbio è il fatto che per qualificare come "grave" una tale colpa deve ricorrere un "quid pluris" rispetto alla mancata diligenza. La colpa grave, infatti, è qualificata dalla inescusabile negligenza e deve essere tale che non possa trovare, non solo giustificazione, ma neppure spiegazione nella particolarità della vicenda.
Ma su chi incombe l’onere di provare questo “quid pluris”?
Secondo la giurisprudenza di legittimità l'onere della prova che la perdita e l'avaria delle merce era dovuta a colpa grave del vettore, ai fini del superamento dei limiti del risarcimento quantitativo e per ottenere il risarcimento pari al valore della merce, grava sul mittente, secondo l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e ciò perché il tema della prova del dolo o della colpa grave non trova posto nell'economia dell'art. 1693 c.c. che si occupa (solo) della responsabilità per la perdita od avaria delle cose trasportate, con una presunzione di responsabilità a carico del vettore che può essere vinta dal vettore solo con la prova che l'evento sia dipeso da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Quando, però, la responsabilità del vettore è accertata, anche sulla base delle sole presunzioni sopra richiamate, la prova che la perdita della merce sia dipesa da dolo o colpa grave del vettore è necessaria solo per superare i limiti del risarcimento previsti dall’Art. 1696 c.c. o Art. 23 della CMR ed accedere al risarcimento pari al valore della merce e, di conseguenza, deve essere applicato l'ordinario criterio di ripartizione dell'onere della prova che incombe su chi invoca, nell'ambito di una responsabilità già accertata, che la perdita o avaria della merce sia dipesa da dolo o colpa grave per ottenere un risarcimento in misura più elevata.
Ai fini, poi, del termine di prescrizione triennale di cui all’Art.31.1 della CMR, la Suprema Corte di Cassazione si è già espressa affermando che: "La responsabilità del trasportatore internazionale di merci su strada per perdita od avaria successiva alla presa in consegna, che sussiste ai sensi dell'art. 17 della Convenzione predetta, infatti, non postula il dolo del trasportatore stesso, ovvero una sua colpa assimilabile al dolo secondo la legge del giudice adito, in quanto la ricorrenza di tale dolo o colpa, ai sensi dell'art. 29 della Convenzione, spiega rilievo solo al fine di escludere le specifiche limitazioni di responsabilità previste per le determinate ipotesi degli artt. 18 e seguenti della Convenzione medesima. Allo stesso modo, quando il più lungo termine di prescrizione è collegato ad analoga situazione di "colpa equivalente al dolo secondo la legge del giudice adito", è logico ritenere che la situazione di culpa lata, la quale dolo aequiparatur, debba in concreto essere dimostrata, senza la possibilità di operatività di presunzione alcuna." (cfr. Cass. n. 11362/2006).
Concludendo e facendo nostre le argomentazione del giudice territoriale della sentenza in commento avente ad oggetto il furto delle merci trasportate dal vettore, in mancanza di fatti noti, anche a livello indiziario, connotati da gravità, precisione e concordanza, sullo stato dei luoghi e sulle (più probabili) modalità con cui si sarebbe perpetrato il furto parziale del carico ai danni del mittente, “non può essere apodittica l'affermazione secondo cui il (sub)vettore debba "pacificamente" versare in colpa grave, in quanto per addivenire ad una graduazione della colpa che si vuole assimilata al dolo (i.e. colpa grave) è richiesta la ricorrenza, in concreto, di particolari situazioni che connotano la condotta del vettore in termini di inescusabile negligenza, imperizia od imprudenza nella predisposizione di tutti quegli accorgimenti pratici necessari a proteggere il carico da fonti di effettivo pericolo, che ricade in capo al danneggiato dover compiutamente allegare e dimostrare”. In definitiva, prosegue il giudice, “se può essere affermato il principio secondo cui il furto della merce, durante il trasporto, è sempre suscettibile di configurare una responsabilità "ex recepto" del vettore professionale - salvo i rischi particolari (artt. 17, 4 e 18 CMR) o il "caso fortuito" (arg. ex art. 1693 c.c.) - è altrettanto certo che non ogni furto si accompagna ad un "dolo" del vettore o ad una "colpa equivalente al dolo secondo la legge del giudice adito" (i.e colpa grave), ai sensi degli artt. 29 e 32 della CMR del 1956”.
" Per qualsiasi dubbio o domanda in merito non esitare a contattarmi: legalstudiofaccinivr@gmail.com "