L’Avvocato d’impresa
Facciamo un po' di chiarezza:
disdetta,recesso, risoluzione e rescissione del contratto.
Molte volte leggendo un qualsiasi tipo di contratto rilevo come i termini “disdetta” e “recesso” e, qualche volta, pure, “risoluzione” siano utilizzati come sinonimi quando in realtà non lo sono. Facciamo, allora, un poco di chiarezza senza, però, entrare troppo nel profondo nei profili giuridici che li riguardano.
I termini giuridici citati hanno una sola cosa in comune: riguardano tutti il momento finale di un contratto (rectius: rapporto giuridico).
Recesso: consente ad una delle parti del contratto od a entrambe, di venire meno agli obblighi contrattuali, cioè, di far cessare in anticipo il contratto rispetto alla sua naturale scadenza: il contratto ha durata di tre anni, ma è concessa contrattualmente ad una delle parti o ad entrambe (… o dalla legge) di recedervi anticipatamente.
Disdetta: è una dichiarazione di volontà che impedisce il rinnovo del contratto alla sua scadenza: il contratto ha durata di tre anni e alla scadenza si rinnoverà tacitamente di ulteriori tre anni, salvo disdetta di una delle parti.
Come potete constatare essi hanno significati indubbiamente diversi e non possono essere utilizzati in alterativa tra loro.
Risoluzione: pone fine al contratto in caso di inadempimento della prestazione da parte di una delle parti, o per impossibilità ed eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione medesima: il suo presupposto, pertanto, è l’inosservanza degli obblighi imposti dal contratto.
Come potete riscontrare, sono tre termini che hanno significati assolutamente diversi tra loro pur portando ad un effetto comune che è la cessazione del contratto.
L’ultimo termine, la “rescissione”, è invece utilizzato, soprattutto nel gergo del giornalismo calcistico, come sinonimo di recesso anticipato (la c.d. clausola rescissoria) che è una vera e propria aberrazione giuridica.
Rescissione: costituisce un rimedio contro lo squilibrio economico originario del contratto cioè quando il contratto è concluso da un soggetto che versa in una condizione di pericolo o di bisogno, della quale la controparte è consapevole o addirittura tende ad approfittare. Nulla a che vedere, pertanto, con il recesso dal contratto!
L’uso improprio di tali termini può generare, quindi, dubbi sulla corretta interpretazione del contratto e della volontà delle parti e, pertanto, fate attenzione perché la forma è sostanza!
Avv.Rodolfo Faccini
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